Foto appartenenti alla serie: Podere Le Pievi
S.Stefano a Vicoduodecim è antica pieve situata, come dice il nome, al dodicesimo miglio di un tratto del tracciato della via Cassia Adrianea, a Sud-est di Serre di Rapolano. La sua struttura è ancora chiaramente riconoscibile grazie alle mura in filaretti di travertino e all'arco romanico, pur essendo stata inglobata dal convento, che è diventato in seguito il podere Le Pievi, proprietà della tenuta S.Gimignanello. Il travertino è la pietra principale della costruzione sebbene frammisto a pietra locale. E' ricordata nel 1040 come chiesa battesimale. Già nel 1575 la chiesa risulta abbandonata. Utilizzata come stalla fino a pochi anni fa oggi, ristrutturato il podere a fini residenziali, la chiesa è stata rimaneggiata in varie parti per farne appartamenti.
S. Vito in Osenna o in Ofenna: cioè in Foenna ricevette il toponimo Osenna, non riscontrato nel territorio
senese, e che diverrà Ossina, Osanna, Auxenna, Nosinna e Rosenna (nelle Rationes Decimarum),
probabilmente dal canonico aretino Gerardo, che trascrisse, intorno al 1040, le carte longobarde riguardanti la
famosa lite, e che, non nuovo ad interpolare i documenti, si autorizzò a cambiare il toponimo Foenna in Ofenna
e poi in Osenna. Potremmo identificarlo con la chiesa della Madonna del Rosario, sotto Montagutolo, presso S.
Gimignanello, già esistente durante la Visita Apostolica alla diocesi di Arezzo del 1583 e che sorge presso un
edificio in pietra non identificato. Tuttavia appare più probabile che il battistero di S. Vito, che aveva
giurisdizione da Farnetella e Rigomagno, a Rapolano ed Armaiolo compreso, sorgesse nell’attuale podere Le
Pievi. Come dopo il 1000 saranno contese tra i vescovi di Arezzo e quelli di Siena le Pievi di Rapolano e di S.
Stefano in Vico Duodecim, così dovette essere oggetto di lite fin dal 714 tutto quel territorio compreso tra
Farnetella e Rapolano, incluso nel contado di Siena e soggetto ad uno dei 19 battisteri elencati in quell’anno.
Ora l’unico fra essi non localizzabile altrove rimane quello di S. Vito in Osenna. Nell’881, l’antico battistero,
caduto probabilmente in rovina, una volta ristrutturato e ingrandito, dovette perdere il Santo titolare S. Vito e il
toponimo “in Osenna”, passato, nelle carte degli anni 881 e 998, alla nuova chiesa di S. Quirico “in Osenna” e
dovette essere denominato con il nuovo appellativo: “S. Stefano in Vico Duodecim”, come appare per la prima
volta in una carta del 1053, anche se in una carta aretina del 1189 viene detto: “Plebs S. Stefani in valle de
Foienne”, documenti tutti pubblicati dal Pasqui. Rimangono imponenti avanzi della facciata e della parete di
fondo con 2 finestre originali, la quale, secondo Gabbrielli, poteva avere un’abside semicircolare. Il nome
Foenna deriva dal nome del dio etrusco Voltumna. Rimane tuttavia inspiegabile il toponimo “in Vico Duodecim”
annesso alla pieve di S. Stefano. Se volessimo considerare quel 12 un numero ordinale indicante il 12º miglio
della Cassia e quindi riportato al posto di “ad Duodecimum”, incontreremmo la difficoltà che a 12 miglia sulla
Cassia non esisteva nessuna città romana che giustificasse tale numerazione. Più convincente apparirebbe
l’ipotesi che con quel numero si volesse ricordare un cippo in pietra con inciso il numero XII, ivi collocato per
ricordare le 12 miglia della Cassia dal confine del territorio chiusino, fatta lastricare di nuovo dall'Imperatore
Adriano nel 123 d.C. Collana "Quaderni Sinalunghesi"
Periodici di storia e cultura locale editi a cura della Biblioteca Comunale di Sinalunga Alfredo Maroni
Battisteri paleocristiani del territorio di Sinalunga
Dopo la mansione ad Graecos la Peutingeriana segna 9 miglia: è la distanza esatta non tra Valcortese e
Acquaviva (35 miglia), ma tra Valcortese e l’Ombrone, presso la canonica di S. Biagio di Armaiolo, dove doveva
trovarsi la mansione Umbro flumen: nel secolo xiii vi erano nella zona almeno 4 ospizi per i viandanti: nella valle
dell’Ombrone sul torrente Chiusella, ad Armaiolo e a Montesecco. Secondo la Peutingeriana dopo ad Graecos
o Valcortese segue subito la mansione ad Novas (Acquaviva), ma essendo la distanza reale tra le due località
non di 9 miglia, ma di almeno 35 miglia, siamo obbligati a porre due mansioni intermedie: Manliana (sotto
Poggio a Magliano di Torrita), a 8 miglia da ad Novas e Umbro flumen a 9 miglia da ad Graecos e 18 da
Manliana di Torrita. Infatti è la Peutingeriana che dopo Manliana segna 18 miglia: evidentemente esse non si
riferivano originariamente alla distanza tra Manliana e ad Mensulas, ma tra Manliana e Umbro flumen: sono i 27
Km che separano Poggio a Magliano da Armaiolo. La via romana si dirigeva poi al Piano del Sentino e alla
Pieve di S. Stefano in vico duodecim, così denominata in una carta del 1040, che non ricorda certamente il
dodicesimo miglio, perché in questo caso avremmo: in vico ad duodecimum. Più probabilmente il nome
originario doveva essere: in vico ad duos Decios, o in vico duo Decii, dovuto alla presenza di un monumento
commemorativo in onore dei due Deci, padre e figlio di nome Publio Decio Mure, che si immolarono agli dei
inferi per la patria. Il figlio fu ucciso qui, nella battaglia del Sentino del 295 a.C. contro Etruschi, Umbri, Sanniti e
Galli, il padre in quella del Veseris nel Lazio, nel 340 a.C., contro i Latini. Alfredo Maroni
"Sinalunga e le strade romane tra Chiusi e Firenze"
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